Discorso di Benedetto XVI presso la Basilica del Memoriale di Mosè
AMMAN, sabato, 9 maggio 2009 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito il testo del discorso pronunciato da Benedetto XVI questo sabato mattina visitando sul Monte Nebo la Basilica del "Memoriale di Mosè", da dove, secondo la tradizione, il Signore mostrò a Mosè la Terra Promessa dopo la prova dei 40 anni nel deserto.
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Padre Ministro Generale,
Padre Custode,
Cari Amici,
in questo luogo santo, consacrato dalla memoria di Mosè, vi saluto tutti con affetto nel Signore nostro Gesù Cristo. Ringrazio il Ministro Generale dell'Ordine dei Frati Minori, il P. José Rodríguez Carballo, per le cordiali parole di benvenuto. Colgo inoltre questa occasione per rinnovare l'espressione della mia gratitudine, e quella dell'intera Chiesa, ai Frati Minori della Custodia per la loro secolare presenza in queste terre, per la loro gioiosa fedeltà al carisma di san Francesco, come pure per la loro generosa sollecitudine per il benessere spirituale e materiale delle comunità cristiane locali e degli innumerevoli pellegrini che ogni anno visitano la Terra Santa. Qui desidero ricordare anche, con particolare gratitudine, il defunto P. Michele Piccirillo, che dedicò la sua vita allo studio delle antichità cristiane ed è sepolto in questo santuario che egli amò così intensamente.
È giusto che il mio pellegrinaggio abbia inizio su questa montagna, dove Mosè contemplò da lontano la Terra Promessa. Il magnifico scenario che ci si apre dinanzi dalla spianata di questo santuario ci invita a considerare come quella visione profetica abbracciava misteriosamente il grande piano della salvezza che Dio aveva preparato per il suo Popolo. Nella Valle del Giordano, infatti, che si snoda sotto di noi, nella pienezza dei tempi Giovanni Battista sarebbe venuto a preparare la via del Signore. Nelle acque del Giordano Gesù, dopo il battesimo ad opera di Giovanni, sarebbe stato rivelato come il Figlio diletto del Padre e, dopo essere stato unto di Spirito Santo, avrebbe inaugurato il proprio ministero pubblico. Fu ancora dal Giordano che il Vangelo si sarebbe diffuso, dapprima mediante la predicazione stessa e i miracoli di Cristo, e poi, dopo la sua risurrezione e l'effusione dello Spirito a Pentecoste, mediante l'opera dei suoi discepoli sino ai confini della terra.
Qui, sulle alture del Monte Nebo, la memoria di Mosè ci invita ad "innalzare gli occhi" per abbracciare con gratitudine non soltanto le opere meravigliose di Dio nel passato, ma anche a guardare con fede e speranza al futuro che egli ha in serbo per noi e per il mondo intero. Come Mosè, anche noi siamo stati chiamati per nome, invitati ad intraprendere un quotidiano esodo dal peccato e dalla schiavitù verso la vita e la libertà, e ci vien data un'incrollabile promessa per guidare il nostro cammino. Nelle acque del Battesimo siamo passati dalla schiavitù del peccato ad una nuova vita e ad una nuova speranza. Nella comunione della Chiesa, Corpo di Cristo, noi pregustiamo la visione della città celeste, la nuova Gerusalemme, nella quale Dio sarà tutto in tutti. Da questa santa montagna Mosè orienta il nostro sguardo verso l'alto, verso il compimento di tutte le promesse di Dio in Cristo.
Mosè contemplò la Terra Promessa da lontano, al termine del suo pellegrinaggio terreno. Il suo esempio ci ricorda che anche noi facciamo parte del pellegrinaggio senza tempo del Popolo di Dio lungo la storia. Sulle orme dei Profeti, degli Apostoli e dei Santi, siamo chiamati a portare avanti la missione del Signore, a rendere testimonianza al Vangelo dell'amore e della misericordia universali di Dio. Noi siamo chiamati ad accogliere la venuta del Regno di Cristo mediante la nostra carità, il nostro servizio ai poveri ed i nostri sforzi di essere lievito di riconciliazione, di perdono e di pace nel mondo che ci circonda. Sappiamo che, come Mosè, non vedremo il pieno compimento del piano di Dio nell'arco della nostra vita. Eppure abbiamo fiducia che, facendo la nostra piccola parte, nella fedeltà alla vocazione che ciascuno ha ricevuto, contribuiremo a rendere diritte le vie del Signore e a salutare l'alba del suo Regno. Sappiamo che Dio, il quale ha rivelato il proprio nome a Mosè come promessa che sarebbe sempre stato al nostro fianco (cfr Es 3,14), ci darà la forza di perseverare in gioiosa speranza anche tra sofferenze, prove e tribolazioni.
Sin dai primi tempi i cristiani sono venuti in pellegrinaggio ai luoghi associati alla storia del Popolo eletto, agli eventi della vita di Cristo e della Chiesa nascente. Questa grande tradizione, che il mio odierno pellegrinaggio intende continuare e confermare, è basata sul desiderio di vedere, toccare e assaporare in preghiera e in contemplazione, i luoghi benedetti dalla presenza fisica del nostro Salvatore, della sua Madre benedetta, degli Apostoli e dei primi discepoli che lo videro risorto dai morti. Qui, sulle orme degli innumerevoli pellegrini che ci hanno preceduto lungo i secoli, siamo spinti, quasi come in una sfida, ad apprezzare più pienamente il dono della nostra fede e a crescere in quella comunione che trascende ogni limite di lingua, di razza e di cultura.
L'antica tradizione del pellegrinaggio ai luoghi santi ci ricorda inoltre l'inseparabile vincolo che unisce la Chiesa al popolo ebreo. Sin dagli inizi, la Chiesa in queste terre ha commemorato nella propria liturgia le grandi figure dell'Antico Testamento, quale segno del suo profondo apprezzamento per l'unità dei due Testamenti. Possa l'odierno nostro incontro ispirare in noi un rinnovato amore per il canone della Sacra Scrittura ed il desiderio di superare ogni ostacolo che si frappone alla riconciliazione fra Cristiani ed Ebrei, nel rispetto reciproco e nella cooperazione al servizio di quella pace alla quale la Parola di Dio ci chiama!
Cari Amici, riuniti in questo santo luogo, eleviamo gli occhi e i cuori al Padre. Mentre ci apprestiamo a recitare la preghiera insegnataci da Gesù, invochiamolo perché affretti la venuta del suo Regno, così che possiamo vedere il compimento del suo piano di salvezza e sperimentare, insieme con san Francesco e tutti i pellegrini che ci hanno preceduto segnati con il segno della fede, il dono dell'indicibile pace - pax et bonum - che ci attende nella Gerusalemme celeste.