Ebrei Cattolici e Legge Ebraica
Parte III: San Paolo sulla Legge Ebraica e gli Ebrei Cattolici
L'ebreo battezzato è ancora ebreo? È ancora obbligato ad osservare la Legge? Non aveva detto San Paolo di no? Lo scopo di questo articolo è di affrontare queste domande esaminando alcuni dei passaggi più rilevanti delle epistole di San Paolo. Vedremo che un'accurata lettura delle sue lettere suggerisce che proprio il motivo di San Paolo di esonerare i gentili dall'osservanza dei comandamenti approfondisce il significato della Legge e il valore dell'osservanza per gli ebrei cristiani.
Saulo, Fariseo e Persecuore della Chiesa
San Paolo (Saulo) entra nella storia del cristianesimo con il martirio di Santo Stefano.
Atti 7
[58] Lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo [Stefano]. E i testimoni deposero il loro mantello ai piedi di un giovane, chiamato Saulo.
Atti 8
[1] Saulo era fra coloro che approvarono la sua uccisione. In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme e tutti, ad eccezione degli apostoli, furono dispersi nelle regioni della Giudea e della Samaria.
[2] Persone pie seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui.
[3] Saulo intanto infuriava contro la Chiesa ed entrando nelle case prendeva uomini e donne e li faceva mettere in prigione.
Atti 9
[1] Saulo frattanto, sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote
[2] e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne, seguaci della dottrina di Cristo, che avesse trovati.
Galati 1
[13] Voi avete certamete sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la chiesa di Dio e la devastassi,
[14] superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri.
Paolo si identifica come fariseo (Atti 9:5-6) ed era orgoglioso di aver studiato sotto il rabbino Gamaliele, il più grande rabbino del suo tempo, un uomo il cui nome è menzonato molte volte nel Talmud, e i cui studenti erano tra i più grandi saggi. E tuttavia, mentre il rabbino Gamaliele, il più grande dei farisei, difendeva Pietro e gli Apostoli davanti al sinedrio del Sommo Sacerdote (Atti 5:34-39), e persino consigliò il Sinedrio di lasciarli andare perché il movimento che essi rappresentavano sarebbe potuto venire da Dio, Paolo fremeva "minaccia e strage contro i discepoli del Signore".
Paolo, la Legge e il Vangelo
Che cosa ha portato Paolo ad essere, come egli chiama se stesso, un fiero "persecutore della Chiesa"? (Atti 9:6) Perché voleva devastarla? (Gal. 1:13) San Paolo stesso suggerisce la risposta:
Filippesi 3
[8] Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnaare Cristo,
[9] e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede;
Prima della sua conversione, Saulo il fariseo credeva che un uomo non era salvato dalla sua fede, dalla sua relazione interiore con Dio, ma dalle opere, dalla sua obbedienza esteriore. Gesù non ha mai detto che l'obbedienza esteriore non fosse importante, ma per Gesù, i comandamenti esteriori erano la cornice e l'opportunità di ciò che era di primaria importanza: la devozione interiore nell'esercizio della fede. E senza compromettere l'obbligo di osservare le leggi esteriori, molti farisei erano d'accordo con Gesù. Ma Saulo il fariseo non era capace di questa devozione interiore. Egli lo chiarisce molto bene in Romani 7:
Romani 7
[21] Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me.
[22] Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio,
[23] ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra.
[24] Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?
[25] Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato.
San Paolo fece questa confessione dopo che la fede cristiana lo aveva cambiato, e si rese conto che la salvezza non dipende dall'obbedienza esteriore alla Legge. La sua fede ha rivelato una "potenza per la salvezza" (le sue stesse parole) che gli ha permesso di dare il suo cuore a Dio. Ma prima della sua conversione egli non poteva. Prima della sua conversione, "egli era prigioniero della legge del peccato". La sua unica speranza risiedeva nel credere che l'obbedienza esteriore sarebbe bastata per la sua salvezza. Così egli non poteva tollerare la dottrina di Gesù, che considerava l'obbedienza esteriore della legge rituale come opportunità per l'esercizio della fede e della devozione, la sottomissione interiore a Dio che era l'essenziale via di salvezza. La dottrina di Gesù sembrava condannarlo, ed egli non poteva sopportarlo. Così odiava il cristianesimo e perseguitava coloro che lo praticavano.
Da cosa capiamo che San Paolo si riferisce qui alla fede e alla devozione interiore? Forse si stava lamentando che non riuscisse ad osservare la Legge, neanche in una maniera esteriore? Parlando di se stesso prima della sua conversione, egli scrive: "irreprensibile quando alla giustizia che deriva dall'osservanza della legge" (Fil. 3:6). San Paolo era capace di ciò che egli chiama "una giustizia di me stesso, basata sulla legge". Ma dopo la sua conversione, egli si rese conto che quella "giustizia di se stesso" era di poco valore comparata alla "giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede" (Fil. 3:9). Qui, in Romani 7, San Paolo confessa la sua inabilità di raggiungere la giustizia della devozione interiore a Dio senza la fede cristiana.
Il punto cruciale della nostra discussione è che sebbene San Paolo abbia cambiato il suo atteggiamentno verso il cristianesimo, il suo concetto della Legge non cambiò. Prima della sua conversione egli credeva che la Legge si compisse tramite l'obbedienza esteriore, e che la Legge era un modo di salvezza attraverso le opere, in pratica impossibile da raggiungere. Dopo la sua conversione, la sua comprensione della Legge rimase la stessa, ed egli non si stancò mai di contrastare l'inadeguatezza della Legge come lui la interpreta con la potenza per la salvezza che conferisce la fede cristiana. Il concetto di San Paolo della Legge lo situava nel partito dei farisei, che perseguitavano Gesù e cercavano persino di metterlo a morte. Ma vi eran un'altro partito di farisei, i farisei di cui Gesù ci chiama ad obbedire gli insegnamenti (Matt. 23). Essi avevano un concetto della Legge totalmene diverso, un concetto della Legge che era sostanzialmente lo stesso di Gesù, in quanto anche loro enfatizzavano la componente interiore dell'obbedienza della Legge. Essi non erano minacciati da Gesù e il più grande di essi, il rabbino Gamaliele (il maestro di San Paolo!) fu persino pronto a difendere i capi della comunità cristiana.
Gesù stesso nominò San Paolo ad essere l'apostolo dei gentili (Atti 26:7; Gal. 2:7-9), e nonostante non dobbiamo presumere di conoscere la mente di Dio, possiamo discernere che egli fosse particolarmente adatto a quel compito, poiché la radicale distinzione che San Paolo fece tra "la mia giustizia, basata sulla legge" e "la giustizia di Dio che dipende dalla fede [cristiana]" lo ha preparato ad essere l'apostolo di una nuova via cattolica di salvezza, resa possibile dalla Croce. Poiché San Paolo ha sperimentato la Legge, come un gentile, come qualcosa di interamente esteriore, come un'obbedienza che non contribuiva essenzialmente alla sua salvezza, egli era particolarmente qualificato a separare il messaggio universale del cristianesimo dalle sue radici ebraiche.
Citando San Paolo, San Tommaso d'Aquino spiega che, "la Legge Antica fu messa da parte quando venne la perfezione di grazia; non perché fosse cattiva, ma perché era debole e inutile per questo tempo; perché come l'Apostolo va avanti a dire, "la legge non ha portato nulla alla perfezione", e poi dice (Gal. 3:25): "Ma appena è giunta la fede, noi non siamo più sotto un pedagogo". (Summa I.II.98 art. 2) Proprio nel momento in cui i comandamenti sono stati perfezionati, San Tommaso li chiamò deboli e inutili! Proprio nel momento in cui lo Spirito Santo ha rivelato la loro verità umana e divina (CCC 1968), l'osservanza dei comandamenti fu messa da parte!
Lo Spirito Santo Approfondisce il Significato della Legge per gli Ebrei Cristiani Rendendo Non Necessaria l'Osservanza della Legge per i Cristiani Gentili
Poiché la predicazione di San Paolo era diretta ai gentili, la questione dell'obbedienza alla Legge non sarebbe dovuta essere molto importante per lui. Gesù, in accordo con la tradizione ebraica, non ha mai chiamato i suoi discepoli gentili, come ha chiamato i suoi deiscepoli ebrei (Matt. 23) ad osservare la Legge. Ciononostante, il significato della Legge Antica e la sua relazione con la Nuova Legge è uno dei maggiori temi delle epistole di Paolo.
Molti gentili a cui si rivolgeva San Paolo erano semi-proseliti, ovvero, gentili che ammiravano il giudaismo e frequentavano la sinagoga locale, ma non si erano convertiti. Essi potrebbero essere stati reluttanti alla circoncisione, ad accettare il fardello dell'osservanza di tutti i comandamenti o di affrontare l'impatto che avrebbe avuto la conversione sui familiari e nel loro posto all'interno della società romana. Molto prima che San Paolo entrasse in scena, questi semi-proseliti avevano creduto che per partecipare all'alleanza di Israele con Dio, avrebbero dovuto osservare i comandamenti, cioè si sarebbero dovuti convertire e diventare ebrei. San Paolo spiegò loro che "ora che la fede è venuta", cioè ora che Dio ha mandato suo Figlio per essere crocifisso, è possibile, attraverso la fede cristiana, partecipare all'alleanza di Israele senza convertirsi ed osservare i comandamenti. La fede cristiana ha sollevato i semi-proseliti dall'obbligo di osservare la Legge. La grazia che perfezionava i comandamenti, e avrebbe reso l'osservanza ebraica ancora più profonda ed efficace - la stessa grazia fece sì che non fosse più necessario che i semi-proseliti li osservassero. Per questo San Paolo, apostolo dei gentili, insegnò che la Nuova Legge, che ha perfezionato i comandamenti, li ha anche messi da parte. La grazia che avrebbe reso i comandamenti della Legge Antica ancora più significativi per gli ebrei, ha permesso ai semi-proseliti di farne a meno, perché potevano ora partecipare all'Alleanza di Isrele senza seguirli. Paolo usò la stessa argomentazione per combattere l'influenza dei giudaizzanti e opporre le loro pretese, secondo cui i gentili avrebbero dovuto osservare la Legge di Mosè. Quando consideriamo gli insegnamenti di San Paolo nel contesto della sua missione ai gentili, otteniamo una nuova prospettiva sulla sua critica della Legge.
Galati: Gli Ebrei e i Greci nella Chiesa
Galati 3
[24] Così la legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotto a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede.
[25] Ma appena è giunta la fede, noi non siamo più sotto un pedagogo.
[26] Tutti voi in fatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù,
[27] poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.
[28] Non c'è più Giudeo né Greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.
L'ebreo cristiano non è più sotto un guardiano. Egli non vive la Legge come esteriore, come un pesante regolamento che è costretto ad osservare, perché lo Spirito Santo rivela la verità divina e umana dei comandamenti e fornisce una "potenza per la salvezza" che permette all'ebreo di compiere gioisamente i comandamenti, con devozione interirore alla verità che rivelano (CCC 1968). Naturalmente il greco non deve osservare la Legge, e in questo ambito, l'ebreo e il greco sono differenti, ma questa differenza, come la differenza tra uomo e donna, non viene considerata nella Chiesa, perché entrambi sono salvati dalla fede in Cristo, entrambi sono figli che hanno ricevuto lo Spirito Santo.
Galati 4
[6] e che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo spirito del suo figlio che grida: Abba, Padre!"
[7] Quindi non sei più sciavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio.
[8] Ma un tempo, per la vostra ignoranza di Dio, eravate sottomessi a divinità, che in realtà non lo sono;
[9] ora invece che avete conosciuto Dio, anzi da lui siete stati conosciuti, come potete rivolgervi di nuovo a quei deboli e miserabili elementi, ai quali di nuovo come un tempo volete servire?
Quando San Paolo dice che "Non vi è né Giudeo, né Greco", riconosce la presenza degli ebrei nella Chiesa. Vi erano molti ebrei che parlavano greco e in molti ambiti erano proprio come i greci. Cosa distingueva gli ebrei dai greci? Gli ebrei cristiani, come quelli di Gerusalemme (Atti 21) osservavano i comandamenti. E tuttavia egli insiste che riguardo alla fede cristiana, non vi è affatto differenza tra loro e i cristiani gentili (Gal 3:28 ). Ciononostante egli dice ai gentili galati che "se vi fate circoncidere, [cioè se diventate ebrei e vi legate all'osservanza dei comandamenti] Cristo non vi gioverà nulla". (Gal 5:2)" Come potè Paolo affermare che un ebreo osservante possa essere un cristiano, e dire, come si vede nel passaggio seguente, che il gentile che riceve la circoncisione e diventa un ebreo osservante non ha "più nulla a che fare con Cristo" ed è "decaduto dalla grazia"?
Galati 5
[1] Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.
[2] Ecco, io Paolo vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla.
[3] E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la legge.
[4] Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia.
[5] Noi infatti, per virtù dello spirito, attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo.
La risposta che sembra che Paolo voglia dare, riguardo al concetto della Legge, è che il gentile che sceglie di essere circonciso ha dichiarato, proprio con questa decisione, che egli non crede che la sola fede cristiana sia sufficiente per la salvezza. Così i gentili che si convertono al giudaismo si troveranno nella stessa e frustrante situazione in cui San Paolo era prima della sua conversione. Avendo girato le spalle a Cristo, il gentile convertito al giudaismo sarà obbligato a sottomettersi alla Legge come un guardiano. Egli avrà sostituito la sua schiavitù a "divinità che in realtà non lo sono" (Gal. 4:8) con la schiavitù alla Legge, mentre cerca la sua salvezza in pratiche esteriori. Ma l'ebreo che diventa cristiano è stato sempre obbligato ad osservare la Legge prima che fosse battezzato. Sapendo che la fede cristiana è sufficiente per la salvezza, egli non cerca più la salvezza attraverso l'obbedienza esteriore alla Legge, ma allo stesso tempo, la sua fede cristiana non ha annullato la Legge. Egli continua ad osservare la Legge, ma ora, per la potenza dello Spirito Santo, la sua obbedienza esteriore è sperimentata come equivalente rituale della sua devozione alla verità divina e umana dei comandamenti che rivela. Per gli ebrei, la disciplina della Legge esercita e rinforza la sua fede cristiana. Ma per il gentile che è diventato ebreo perché rigetta la fede cristiana, la pratica dei comandamenti esercita e rinforza proprio questo suo rifiuto.
Efesini: L'Osservanza della Legge non Divide più l'Ebreo e il Gentile
Efesini 2
[11] Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani per nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi perché tali sono nella carne per mano di uomo,
[12] ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo.
[13] Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo.
[14] Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia,
[15] annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace,
[16] e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia.
[17] Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini.
[18] Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito.
[19] Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio,
[20] edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù.
[21] In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore;
[22] in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito.
La lettera di San Paolo agli Efesini è una delle fonti per coloro che argomentano che la Nuova Alleanza ha annullato la Legge, e che l'ebreo battezzato non può pretendere di rimanere obbligato all'osservanza della Legge senza compromettere la sua fede cristiana. Ma quando è letta come una lettera indirizzata ai cristiani - e lo era - e teniamo a mente la questione dei semi-proseliti, la dottrina di San Paolo che la fede cristiana sostituisce la Legge (Cristo ha annullato "per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce...") non ha nessuna implicazione per l'osservanza ebraica dell'ebreo battezzato. Per mezzo della Croce, il gentile entra nell'alleanza ebraica, ma ciò non significa che l'obbligazione dell'alleanza dell'ebreo di osservare la Legge non è più valida. Al contrario, per mezzo dello Spirito Santo, il suo obbligo che deriva dall'alleanza è esteso all'equivalenza interiore degli atti esteriori che richiede, in quanto conferisce la grazia che autorizza l'ebreo cattolico a praticare quegli atti esteriori con una devozione sincera. I comandamenti, come una colonna sonora, forniscono le melodie e le armonie di una vita spirituale ricca e variegata, che solo una disciplina che viene da Dio può dare.
La Legge Cerimoniale come Culto Idoneo a Dio e Ombra delle Cose che Verranno
Colossesi 2
[16] Nessuno dunque vi condanni più in fatto di cibo o di bevanda, o riguardo a feste, a noviluni e a sabati:
[17] tutte cose queste che sono ombra delle future; ma la realtà invece è Cristo!
Uno degli argomenti più basilari contro l'idea che gli ebrei battezzati rimangono obbligati ad osservare la Legge è che la Legge era una figura di Cristo che preannunciava la Nuova Alleanza. Ora che Cristo è venuto e le cose che preannunciava sono state compiute, la Legge non è più valida perché è stata sostituita da cìò che aveva prefigurato.
Questo è come lo esprime San Tommaso d'Aquino:
"La Nuova Legge non annulla l'osservanza della Legge Antica eccetto riguardo ai precetti cerimoniali... Ora questi ultimi prefiguravano qualcosa che doveva venire. Proprio per il fatto che i precetti cerimoniali si effettuavano quando quelle cose compivano ciò che prefiguravano, ne segue che essi non si devono più osservare: poiché se essi fossero osservati, significherebbe che debbano ancora compiersi. Ma la promessa di un dono futuro non è più in vigore quando è stata compiuta dalla presentazione del dono. In questo modo le cerimonie legali sono abolite dal loro compimento". (Summa Theologica I.II.107.2, Risposta all'Obiezione 1.)
Ma la Legge non è niente più che una promessa di un dono futuro? San Tommaso stesso scrive (I.II.102.6):
"Il popolo ebraico... fu eletto in particolare per il culto di Dio, e tra loro i sacerdoti stessi erano selezionati in particolare per questo scopo. E proprio come altre cose che si applicano al culto divino devono essere caratterizzate in qualche modo particolare, così che siano degne del culto di Dio; così anche nel modo di vivere di quel popolo, e specialmente di quello dei sacerdoti, occorrevano certi elementi speciali che fossero idonei al culto divino, spirituali o corporali. Ora il culto prescritto dalla Legge preannunciava il mistero di Cristo: così tutto ciò che eseguivano era una figura di cose che riguardavano Cristo, secondo 1 Cor. 10:11: "Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio". Conseguentemente le ragioni di queste osservanze possono essere prese in due modi: secondo la loro idoneità al culto di Dio e perché esse preannunciavano qualcosa che toccava il modo di vivere cristiano" (mia enfasi).
San Tommaso contraddice se stesso? Come può dire che le cerimonie legali, come lui chiama l'osservanza rituale della Torah, sono annullate e compiute come la promessa di un regalo, una volta che il regalo è stato dato, quando quella promessa - il preannuncio del mistero di Cristo - è solo una delle due ragioni che lui dà per la loro osservanza? Dal momento che esse rimangono idonee al culto di Dio, allora dovrebbero essere ancora osservate!
La risposta è che solo per quella ragione i gentili non potevano essere obbligati ad ossevarle, in quanto essi sono solo obbligati a fare ciò che è necessario per la loro salvezza. La Legge quindi non è necessaria, proprio come "le cose speciali proprie del culto divino" del sacerdote non sono praticate dai laici perché non sono necessarie per la loro salvezza. Dal momento che la fede in Cristo era tutto ciò che i gentili avevano bisogno per essere salvati, per quanto i comandamenti fossero appropriati al culto di Dio, essi non potevano essere considerati obbligatori, poiché si sarebbero salvati anche senza. Non potevano essere obbligati ad osservare i comandamenti che presagivano la venuta di Cristo dopo che egli è già venuto.
Ma l'universalizzazione della Torah, la salvezza che è stata offerta ai gentili, non ha annullato la Legge per gli ebrei, ai quali è stato comandato da Dio di osservare. Nelle parole del Cardinale Ratzinger, "La caduta del muro della lettera risultò nel dare alle nazioni accesso allo Spirito di rivelazione e quindi a Dio Padre, il Dio di Gesù Cristo. Questa universalizzazione è l'ultima ratificazione, non il suo annullamento o sostituzione" (Guardare al Crocifisso, Ignatius Pr. 1986 p. 29). Così persino se l'ebreo cattolico non necessiti più di praticarla perché "preannuncia il mistero di Cristo", e la sua salvezza è stata assicurata dalla fede nel Cristo che è già venuto, egli rimane obbligato ad osservare la legge perché "degna del culto di Dio".
Altrove San Tommaso arriva a dire che sarebbe un peccato mortale osservare i comandamenti, perché sarebbe come dire che Cristo non è ancora venuto:
"...le cerimonie della Legge Antica presagivano Cristo come colui che sarebbe nato e avrebbe sofferto: mentre i nostri sacramenti significano che Egli è già nato e ha già sofferto. Conseguentemente, proprio come sarebbe un peccato mortale ora per chiunque, nel fare una professione di fede, dire che Cristo deve ancora nascere, come i padri dell'antichità dissero in devozione e verità; cosi sarebbe anche peccato mortale ora osservare quelle cerimonie che i padri dell'antichità eseguivano con devozione e fedeltà. Tale è la dottrina di Agostino (Contra Faust. xix, 16), che dice: "Non è più promesso che Egli sarà nato, dovrà soffrire e risorgerà, verità di cui i loro sacramenti sono un tipo di immagine: ma è dichiarato che egli sia già nato, abbia sofferto e sia risorto; di cui i nostri sacramenti, che sono condivisi dai cristiani, sono l'attuale rappresentazione". (S.T. I.II.103.4)
Questo argomento è espresso, sembra, nella supposizione che l'idea che il Cristo dovesse ancora venire - in riferimento al tempo - è inerente alla pratica dei comandamenti. Non capisco come. Dopo tutto, come figura di Cristo, la legge cerimoniale è simile a Cristo, o perché, come Cristo, dirige il cuore a Dio, o perché vi è una similarità tra il contenuto dei comandamenti e gli eventi del Vangelo, similarità che sono spiegate in interpretazioni tipologiche delle Scritture ebraiche. Ma nessuna di questi due modi, secondo i quali i comandamenti anticipano Cristo, indica un riferimento temporale. Così è difficile comprendere perché osservare i comandamenti implica che Cristo non sia ancora venuto.
Forse ciò che San Tommaso ha in mente è questo: se una persona ha una foto di sua madre, è ragionevole che la guardi per ricordarla quando è via. Ma quando sua madre è a casa, seduta accanto a lui, non sarebbe strano per lui ricordarsi di lei guardando la sua foto? Sarebbe come se egli non si accorgesse che lei è proprio lì. Il preoccuparsi di figure di Cristo quando egli è proprio in mezzo a noi sarebbe altrettanto strano e equivalere al rinnegare che è venuto.
Questo è ciò che intende dire San Tommaso? Allora perché la Chiesa ha promosso l'uso di figure: di icone, crocifissi e arte religiosa? Perché non ha insegnato che è vietato contemplare una statua in Chiesa quando il beato sacramento è esposto? La ragione è che gli esseri umani sono deboli e peccatori. Senza tali solleciti, essi in effetti dimenticano che Cristo è in mezzo a noi, e possono addiruttura rinnegare che sia venuto. Perché siamo peccatori e deboli, egli davvero può sembrare molto lontano.
Il fatto che i comandamenti siano figure di Cristo è in effetti una buona ragione per osservarli. Fintanto che sono necessari testimoni della venuta di Cristo, saranno necessari santi solleciti e fintanto che il cuore umano non è completamente disposto a Cristo, la pratica dei comandamenti mantiene l'importanza che ha sempre avuto come un modo di vivere che rivolge il cuore a Dio e prepara a ricevere le grazie profuse dal Suo Figlio crocifisso. Ciò, naturalmente, non significa che l'osservanza dei comandamenti è necessaria per la salvezza. Non lo è, ma aiuta, perché, come santi solleciti, la pratica dei comandamenti dirige i nostri cuori a Dio.
L'Epistola agli Ebrei
Ebrei 8
[6] Ora invece egli ha conseguito un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l'alleanza di cui è mediatore, essendo questa fondata su migliori promesse.
[7] Se la prima alleanza fosse stata perfetta, non sarebbe stato il caso di stabilirne un'altra.
[8] Dio infatti, biasimando il suo popolo, dice: "Ecco, vengono giorni, dice il Signore,
nei quali io stipulerò con la casa d'Israele
e con la casa di Giuda un'alleanza nuova:
[9] non sarà come l'alleanza che feci con i loro padri
nel giorno in cui li presi per mano
per farli uscire dalla terra d'Egitto;
poiché essi non rimasero fedeli alla mia alleanza,
anch'io non ebbi più cura di loro, dice il Signore.
[10] E questa è l'alleanza che io stipulerò con la casa d'Israele
dopo quei giorni, dice il Signore:
porrò le mie leggi nella loro mente
e le imprimerò nei loro cuori;
sarò il loro Dio
ed essi saranno il mio popolo.
[11] Né alcuno avrà più da istruire il suo concittadino,
né alcuno il proprio fratello, dicendo: Conosci il Signore!
Tutti infatti mi conosceranno,
dal più piccolo al più grande di loro.
[12] Perché io perdonerò le loro iniquità
e non mi ricorderò più dei loro peccati."
[13] Dicendo alleanza nuova, Dio ha dichiarato antiquata la prima; e ciò che diventa antico e invecchia è prossimo a sparire.
L'autore dell'epistola agli Ebrei sostiene l'annullamento della Legge Antica sulla base di un passaggio del profeta Geremia, nel quale egli dichiara l'intenzione di Dio di stabilire una nuova alleanza con il Popolo Ebraico, che sorpasserà l'Alleanza del Sinai. La differenza tra la nuova alleanza e quelle antiche non è nella legge che insegna, ma nel modo in cui la legge è conosciuta. L'alleanza del Sinai, esige che gli ebrei apprendano la legge di Dio, mentre la nuova alleanza iscriverà la legge di Dio nella loro mente e nel loro cuore. Dal momento che, come sostiene l'autore della letterea agli Ebrei, la Nuova Alleanza di Gesù fa proprio questo, è la Nuova Alleanza di cui parla Geremia, così gli ebrei che partecipano a questa Nuova Alleanza tramite la fede cristiana, non sono più obbligati dalla Legge dell'Antica Alleanza.
Il Santo Padre ha scritto che Gesù ha universalizzato la Legge della Torah. Egli potrebbe aver citato (non ricordo se l'abbia fatto) questo passaggio come prova, perché il profeta chiaramente identifica la legge come era insegnata con la legge che sarà iscritta nella mente e nel cuore, la Legge che fu comandata al Sinai con la Legge della Nuova Alleanza, e l'autore della Lettera agli Ebrei chiaramente identifica quella Nuova Alleanza con l'alleanza dei Vangeli, la Legge Divina iscritta nel cuore con la Legge di Gesù.
Allora è arrivato il momento di rinunciare alla Legge come gli ebrei hanno insegnato e appreso per migliaia di anni? Non è più necessario insegnare la Legge di Dio perché senza essere insegnata, gli uomini conoscono e osservano la Legge iscritta nei loro cuori? È chiaro che essi non lo fanno. E il Catechismo lo conferma (vedi sotto), insegnandoci che sebbene Cristo sia presente, il suo regno non è ancora compiuto e le potenze del male, sebbene vinte, sono ancora abbastaza forti da mentenere il loro attacco alla virtù e alla santità. Cristo è venuto, e tuttavia i cristiani pregano: "Maranatha! "Signore vieni". Perché è solamente in quella seconda venuta che Dio istituirà la Nuova Alleanza, e il profeta parla chiaramente di quella seconda venuta, in quando si riferisce agli ebrei che riceveranno quell'Alleanza, e sarà soltanto allora, con la fine dei giorni, che gli ebrei saranno inclusi nella salvezza del Messia.
671 Già presente nella sua Chiesa, il Regno di Cristo non è tuttavia ancora compiuto "con potenza e gloria grande" mediante la venuta del Re sulla terra. Questo Regno è ancora insidiato dalle potenze inique anche se esse sono già state vinte radicalmente dalla Pasqua di Cristo. Fino al momento in cui tutto sarà a lui sottomesso, "fino a che non vi saranno nuovi cieli e la terra nuova, nei quali la giustizia ha la sua dimora, la Chiesa pellegrinante, nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono all'età presente, porta la figura fugace di questo mondo, e vive tra le creature, le quali sono in gemito, e nel travaglio del parto sino ad ora e attendono la manifestazione dei figli di Dio". Per questa ragione i cristiani pregano, soprattutto nell'Eucaristia per affrettare il ritorno di Cristo dicendogli: "Vieni Signore"
674 La venuta del Messia glorioso è sospesa in ogni momento dalla storia al riconoscimento di lui da parte di "tutto Israele"... La "partecipazione totale" degli ebrei alla salvezza messianica a seguito della "partecipazione totale dei pagani", permetterà al popolo di Dio di arrivare "alla piena maturità di Cristo", nella quale "Dio sarà tutto in tutti".
Non vi è nessuna base per citare questo passaggio nell'epistola agli Ebrei che provi che quando un ebreo è battezzato, egli non sia più obbligato ad osservare i comandamenti. Il passaggio nel profeta che è citato (Ger 31:33-34) non fa distinzione tra il contenuto della Legge come era appresa e la Legge come sarà iscritta nel cuore. Rimane interamente possibile che la legge che sarà scritta nei loro cuori sia la legge di Mosè.
[10] ... Porrò le mie leggi nella loro mente,
e le imprimerò nei loro cuori;
sarò il loro Dio
ed essi saranno il mio popolo.
[11] Né alcuno avrà più da istruire
il suo concittadino,
né alcuno il proprio fratello, dicendo: Conosci il Signore!
Tutti infatti mi conosceranno,
dal più piccolo al più grande di loro.
E quella nuova alleanza contrassegnerà la fine dei giorni, perché è solo allora che il male sarà bandito dal cuore dell'uomo. In più, dal momento che l'autore della Lettera agli Ebrei identifica quella nuova alleanza con l'Alleanza dei Vangeli, il passaggio predice l'inclusione degli ebrei nella Chiesa, che accadrà solamente alla fine dei giorni. Così questo passaggio non può essere usato per provare che l'ebreo battezzato non è più obbligato ad osservare i comandamenti.
Concludendo, vorrei rivolgermi alla domanda che alcuni di voi potrebbero porsi: come potrei anche solo cominciare ad osservare la Legge ebraica? Io non ne so niente, e ... che peso sarebbe!
Paolo qualche volta dà l'impressione che l'osservanza della Legge sia una questione "o tutto o niente"; e chi cerca di osservarla debba farlo nella sua completezza. La tradizione ebraica, invece, non insegna ciò. Non ci si aspetta che gli ebrei che non hanno conoscenza o esperienza dell'osservanza ebraica, osservino la Legge come gli ebrei ortodossi, che sono educati nell'osservanza ebraica da quando prendono il latte materno. La cosa importante è cominciare con qualcosa di semplice e che sia pieno di significato. Si può, per esempio decidere di non scrivere il sabato, o di non mangiare panini al prosciutto o di indossare una kippah in casa - e farlo, senza che l'atto esteriore sia la cosa più importante, ma sapendo che l'atto esteriore è osservato come equivalenza rituale della ricca vita spirituale che genera, quando è praticato in uno spirito che esplora il suo significato ed è aperto a ricevere il messaggio che porta. Quando un ebreo può dire: "Vorrei poter osservare tutti i comandamenti in questo modo", egli è diventato, nel senso più significativo possibile, un'osservante. Da lì, è una questione di apprendimento, contemplazione, esplorazione e scoperta, che rivela i molti modi nei quali la vita interiore di un ebreo cristiano può essere arricchita dall'osservanza dei comandamenti.
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