Gli Ebrei Cattolici e la Legge Ebraica

Parte II: Gesù ha Annullato l'Osservanza della Legge?

La Chiesa ha tradizionalmente insegnato che la Nuova Alleanza ha portato a compimento la Legge di Mosè e l'ha considerata nulla. Gli argomenti usati per sostenere questa posizione sono sia biblici che dottrinali. Gli argomenti biblici citano le dottrine di San Paolo e interpretano certi insegnamenti o atti di Gesù in un modo che implica un'annullamento della Legge. Lo scopo di questo articolo è di esaminare alcuni di questi argomenti biblici sostenenti la dottrina tradizionale che esonera, non solo i gentili, ma anche gli ebrei battezzati dall'osservanza della Legge della Torah. Esamineremo qui alcuni episodi che sono stati interpretati per mostrare che Gesù ha sospeso l'osservanza della Legge. Nel prossimo articolo esamineremo alcuni passaggi dalle epistole di Paolo e le Epistole agli Ebrei.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica stesso riconosce che Gesù non ha abrogato né la Legge, né ha introdotto una nuova legge esteriore:

La Legge evangelica dà compimento ai comandamenti della Legge. Il discorso del Signore sulla montagna, lungi dall'abolire o dal togliere valore alle prescrizioni morali della Legge antica, ne svela le virtualità nascoste e ne fa scaturire nuove esigenze: ne mette in luce tutta la verià divina e umana. Esso non aggiunge nuovi precetti esteriori, ma arriva a riformare la radice delle azioni, il cuore, là dove l'uomo sceglie tra il puro e l'impuro, dove si sviluppano la fede, la speranza e la carità e, con queste, le altre virtù. Così il Vangelo porta la Legge alla sua pienezza mediante l'imitazione della perfezione del Padre celeste, il perdono dei nemici e la preghiera per i persecutori, sull'esempio della magnanimità divina. (CCC 1968)

La Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo indica, in un documento redatto nel 1985, Susssidi per una corretta presentazione degli Ebrei e dell'Ebraismo nella predicazione e nella catechesi della Chiesa Cattolica, che Gesù era un ebreo osservante che "voleva sottomettersi alla Legge" e istruiva i suoi discepoli ad obbedire la Legge. Quando leggiamo gli episodi nei quali Gesù sembra che stia violando la Legge o mettendo in discussione l'autorità della Legge, una lettura del testo biblico, avendo familiarità con la tradizione ebraica, rivela che l'opinione di Gesù riguardo alla Legge non ha mai violato la cornice legale dell'ebraismo farisaico.

Gesù e la Kashrut

E [Gesù] disse loro: "Siete anche voi così privi di intelletto? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna?" (Quindi egli dichiara mondi tutti i cibi.) (Marco 7:18-19)

Jesus was an observant JewQuesto passaggio è spesso stato citato per mostrare che Gesù ha annullato le leggi sui cibi proibiti.

Anche prima di esaminare l'episodio, vi sono due ovvie obiezioni a questa interpretazione. Prima di tutto, non si è mai visto nessuno dei discepoli affermare che Gesù abbia annullato le Leggi della kashrut. Al contrario, Pietro testimonia di non aver mai mangiato carne immonda, gli ebrei cristiani erano “gelosamente attaccati alla Legge”, e persino Paolo, che aveva ogni ragione per citare questo episodio se Gesù avesse realmente annullato l'obbligazione di mangiare cibo kosher—neanche Paolo ne fa mai cenno. Sicuramente, nella sua controversia con i giudaizzanti e la sua confrontazione con San Pietro ín Galati, egli avrebbe menzionato questo episodio se Gesù avesse avuto l'intenzione di annullare la Legge della kashrut. Così se Gesù effettivamente annullò queste leggi, egli mancò di comunicarlo ai suoi discepoli, anche se qui, in Marco 7, si sta proprio rivolgendo a loro! E dire che Gesù abbia sospeso le leggi della Kashrut, mentre nessuno lo sapeva, fa sorgere gravi domande riguardo al significato della Sacra Tradizione.

La Kashrut è un'antica osservanza biblica, che era al centro della vita quotidiana del popolo ebraico. Un gentile o un ebreo che non osserva le leggi kosher non può immaginare quanto sarebbe potuta essere scioccante e significativa una tale dichiarazione. Essa avrebbe colpito al centro, al cuore della fede e dei costumi ebraici. Sarebbe stata una GRANDE NOVITÀ. Se Gesù avesse avuto l'intenzione di annullare le Leggi sui cibi proibiti, non l'avrebbe fatto in una asserzione privata ai discepoli (che essi sembrano aver dimenticato) e in una tale e ambigua maniera. Per annullare in modo così chiaro una pratica richiesta dalla Bibbia e così profondamente radicata nello stile di vita ebraico, Gesù avrebbe dovuto fare un'affermazione comparabilmente chiara ed enfatica, che ciò che una volta era proibito ora era permesso.

Marco comincia il settimo capitolo con una discussione sui costumi religiosi eseguiti da farisei eruditi e dai loro discepoli, riguardo alla pratica di prendere cibo in uno stato di purità. Alcuni farisei chiedono a Gesù perché i suoi discepoli non osservano questa usanza e Gesù risponde dicendo che coloro che la osservano hanno scambiato la loro devozione, allo stesso modo di quelli che credevano che un uomo fosse moralmente contaminato da quello che entrava nella sua bocca (cibo ritualmente impuro) piuttosto che da ciò che usciva da essa (i molti modi in cui una persona può peccare con al sua lingua). Gesù mostra ciò citando il caso in cui un uomo usava la sua bocca per evitare di aiutare suo padre che si trovava nel bisogno, e i rabbini lo sostenevano. (Ho trovato per caso un commentario che mostra come i rabbini del Talmud sostengano le ragioni di Gesù. I farisei con i quali Gesù sta disputando qui non sono i farisei che sono ricordati come i reverenti saggi della Mishnah e del Talmud, i farisei dei quali le dottrine sono il fondamento del giudaismo come noi lo conosciamo. Il nome farieso si applicava ad una vasta gamma di persone. L'unica cosa che avevano in comune era che essi credevano nell'autorità dei rabbini nell'interpretazione della legge e legiferavano nel nome di Dio. Ma il Talmud mostra una semplice distinzione tra i farisei che odiavano Gesù e i farisei che erano amichevoli e persino si consultavano con lui, poiché vi è spiegato che durante il periodo precedente la distruzione del Tempio, i rabbini dimenticarono che il proposito della Legge fosse la comunione con Dio. Come è scritto nel Talmud: essi mancarono di recitare la benedizione che dovrebbe essere detta prima dello studio della Torah, che riconosce che la Legge viene da Dio e che il suo obiettivo è la santificazione interiore di quelli che la osservano. Erano solo questi rabbini che si opponevano a Gesù. Naturalmente non tutti i rabbini dimenticarono il significato della Legge. Il Rabbino Gamaliele, per esempio, il più grande fariseo del suo tempo, che difese San Pietro e gli Apostoli quando furono portati davanti al sinedrio del Sommo Sacerdote, è spesso citato nel Talmud. I saggi della Mishnah e del Talmud, come il rabbino Gamaliele, erano coloro che sapevano che il proposito della Legge era la santificazione interiore di coloro che la praticavano, e rispetto a ciò, essi condividevano il concetto di Gesù della Legge. Questo è infatti il motivo per cui Gesù poteva affidare i suoi discepoli alle loro istruzioni [Matt. 23:1-3].)

Notiamo che Gesù non menziona mai i cibi proibiti e quelli immondi come opposti ai cibi ritualmente impuri. I cibi immondi sono la carne degli animali che la Torah ci proibisce di mangiare. Ma anche la carne di animali che la Torah permette può diventare ritualmente impura. Un animale morto che non è stato macellato ritualmente è impuro ritualmente, e la carne di un animale ritualmente puro può essere contaminata e divenire impura con il contatto con un oggetto ritualmente impuro. Così, per esempio, un pezzo di carne che tocca un cadavere diventa impuro. Può anche divenire ritualmente impuro se è cotto in una pentola impura (questo è il motivo per il quale Marco menziona il lavaggio delle stoviglie all'inizio di questo capitolo). Il cibo può anche divenire ritualmente impuro se una persona mangia senza prima lavarsi le mani. E quando una persona mangia qualcosa di ritualmente impuro, contamina se stessa. La purezza rituale non ha niente a che vedere con la purezza morale. Non ha niente a che vedere con il peccato. È più una caratteristica del corpo che dell'anima.

Gesù applica il termine contaminazione, che normalmente si applicherebbe alla purezza rituale, alla purezza morale. Apparentemente ciò costituiva una nuova applicazione della parola. In ogni caso, è chiaro che egli stia usando il termine "contaminare" intendendo una corruzione morale. In questo caso, ogni rabbino che abbia mai vissuto sarebbe d'accordo con lui: non vi è niente che entra nella bocca di un uomo che può causare la corruzione morale. È quello che esce dalla bocca di una persona che lo contamina e lo corrompe moralmente. Ciò che entra nella bocca può causare solamente contaminazione rituale. Il motivo del rimprovero di Gesù, sembra, è che le persone erano più attente ad evitare la contaminazione rituale, che può risultare da quello che essi prendevano per bocca, della contaminazione morale, che risultava da ciò che usciva dalla loro bocca.  

Non vi è nessun fondamento che consenta un'interpretazione di questo passaggio in Marco che insegni che Gesù abbia permesso i cibi immondi. Egli non fa menzione affatto di cibi immondi. E non sta neanche rinnegando l'obbligazione del sacerdote di osservare le leggi della purezza rituale. Il suo insegnamento qui è che i rigori rituali sono una mal collocazione della pietà quando non sono associati ad una corrispondente dedizione alla purezza morale e alla compassione.

Quindi, si potrebbe dire che Gesù rese tutti i cibi mondi perché mangiare una carne immonda non provoca una corruzione morale. Se è così, allora perchè questa legge dovrebbe rimanere importante?

Non è importante per i gentili, ma lo è solo per gli ebrei, perché Dio non ha mai comandato ai gentili, come fece con gli ebrei, di evitare di mangiare la carne di certi animali. San Tommaso scrive (in Summa Theologica Ia IIae q. 98 a. 5) che la “Legge Antica” includeva due categorie fondamentali delle leggi: la legge naturale e le leggi che erano aggiunte per la santificazione degli ebrei. Lo scopo di questi precetti era di fornire al popolo ebraico “una prerogativa di santità in riverenza per il Cristo, che sarebbe nato per quel popolo”. Egli compara gli ebrei agli ecclesiastici che erano legati da leggi fatte per la loro “santificazione particolare”:  “gli ecclesiastici che sono separati per il servizio di Dio, sono legati ad alcune obbligazioni a cui i laici non sono legati; allo stesso modo i religiosi sono legati dalla loro professione a certe opere di perfezione alle quali il popolo che vive nel mondo non è legato. Quindi questo popolo [gli ebrei] era legato a certe osservanze particolari, alle quali altri popoli non erano legati".  

Nella Summa Theologica (I. II. 102.6), San Tommaso discute ciò che egli definisce le osservanze cerimoniali della Bibbia. Egli spiega che esse erano piene di significato per due motivi: perché esse si addicono al culto di Dio e perché prefigurano qualcosa che “tocca lo stile di vita cristiano”. Nella sua risposta alla prima obiezione, che non vi fosse nessuna causa ragionevole per le leggi che proibivano la carne di alcuni animali, San Tommaso spiega in dettaglio le leggi delle carni proibite, mostrando come esse si confacciano al culto di Dio e prefigurino lo stile di vita cristiano. Egli scrive: “la Legge ha distinto una doppia corruzione o impurità; una, quella del peccato, per il quale l'anima era contaminata; e un'altra consistente in un certo tipo di corruzione, per la quale il corpo era in qualche modo infettato. Parlando poi del primo tipo di impurità, nessun tipo di cibo è impuro, o può contaminare un uomo, per ragione della sua natura; per cui leggiamo (Matteo 15:11): "Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo": le quali parole sono spiegate (Matteo 15:17) come riferimento ai peccati. Tuttavia alcuni tipi di cibo possono contaminare accidentalmente l'anima; per quanto l'uomo ne mangi contro l'obbedienza o un voto, o per un'eccessiva concupiscenza; o per il loro essere incentivi alla lussuria, ragion per cui alcuni si astengono dal vino e dalla carne”. Questo è sostanzialmente l'interpretazione tradizionale ebraica delle leggi delle carni proibite: che esse contaminano il corpo in un modo che rende difficile aprire il cuore alla santità.

San Tommaso dà una spiegazione dettagliata delle leggi riguardanti le carni proibite. Non dobbiamo accettare tutte le sue interpretazioni per riconoscere che egli chiaramente credeva che l'osservanza del kashrut avesse un reale ed importante valore religioso, e che quel valore, come lui lo descrive, non è meno rilevante di quanto lo fosse prima della Risurrezione.

Gesù e il Sabato

Vi sono molti episodi nel Vangelo nei quali Gesù è accusato di aver violato il sabato, e nella maggior parte a causa delle guarigioni che egli operò. Per poter comprendere correttamente questi episodi, dobbiamo tenere a mente che i rabbini proibivano le guarigioni per timore che ciò potesse indurre una persona a macinare dei medicinali il sabato, e macinare è proibito nella Bibbia. In altre parole, la proibizione della guarigione era legalizzata in termini di barriera intorno a una proibizione biblica (Talmud Babilonese, Trattato Shabbat 53b, vedi il commentario di Rashi). Ma la proibizione della guarigione come era insegnata dai farisei del Talmud e codificata più tardi nella Legge ebraica, non si applicava alle malattie gravi. Perché allora i farisei si oppongono a questi atti di guarigione? In realtà alcuni farisei si opposero, altri no. Vi era un gran numero di opinioni su molte questioni tra i farisei. Riferendoci alla nostra discussione, potremmo dividere i farisei in due parti: coloro che si opposero a Gesù e quelli che non si opposero. Chiaramente, quando Gesù disse:

"Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono fatelo e osservatelo…" (Matt. 23:2-3)

egli non aveva in mente i farisei che si opponevano ai suoi insegnamenti. La ragione per cui egli chiamò all'obbedienza degli insegnamenti dei farisei è semplice: una società religiosa ebraica o cristiana ha bisogno di precetti esteriori, ma Gesù non ha insegnato i precetti esteriori della Legge. Questo non era il suo proposito. Piuttosto, per i precetti esteriori egli rimanda agli insegnamenti dei farisei, ovvero ai farisei che non lo opponevano. La loro Legge sulla guarigione nel giorno di sabato, per esempio, come appare nel Talmud, è sostanzialmente la stessa dell'insegnamento di Gesù, cioè quando è necessaria, una guarigione può essere eseguita. Infatti, molti dei detti di Gesù hanno una controparte nella letteratura [farisaica] rabbinica. Il rabbino Gamaliele, che difende Pietro e gli Apostoli in Atti 5, era il rabbino farisaico più grande del suo tempo.

In Matteo 12 i discepoli di Gesù sono accusati di violare il sabato quando raccolgono le spighe di grano di sabato. Anche qui, essi violano una proibizione rabbinica, perché nonostante sia vietato raccogliere di sabato, una volta che le radici del grano sono secche, la proibizione diventa rabbinica, e siccome il grano sarebbe dovuto essere raccolto da lì a poco, possiamo presumere che fosse maturo e secco nel giorno in cui avvenne questo episodio. Oltre a ciò, abbiamo una prova interna che si tratta di una proibizione rabbinica.

Matt. 12

[1] In quel tempo Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano.
[2] ciò vedendo, i farisei gli dissero: "Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato".
[3] Ed egli rispose: "Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni? 
[4] Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell'offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti?
[5] O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa?
[6] Ora io vi dico che qui c'è qualcosa più grande del tempio.

Nel verso cinque, Gesù sta apparentemente alludendo al principio secondo cui i rabbini esoneravano i sacerdoti al servizio nel Tempio dal mantenere le “barriere” intorno alla Legge biblica, che essi legiferavano come dei salvaguardia contro l'involontaria violazione delle leggi bibliche del sabato (Talmud babilonese, Trattato Beitzah 11b). I rabbini credevano che essi potessero confidare nei sacerdoti riguardo alla loro osservanza della Legge biblica, poiché, trovandosi davanti alla presenza di Dio nel Tempio, essi erano sicuri di prendere la legge molto sul serio. Nei versi 5 e 6, Gesù si riferisce all'esonero dei sacerdoti e argomenta che i suoi discepoli dovrebbero essere esonerati dalla proibizione rabbinica che erano accusati di violare, in quanto essi erano con lui, ed egli era “qualcosa più grande del tempio”. Gesù non sta dando due argomenti, ma uno: “Quando Davide ebbe fame insieme ai suoi compagni, ad essi fu permesso di mangiare ciò che normalmente era permesso solo ai sacerdoti. Anche i miei discepoli hanno fame, e anche a loro si dovrebbe permettere di fare ciò che ad un sacerdote nel Tempio sarebbe permesso di fare riguardo al cibo in questa situazione: violare una proibizione rabbinica, in quanto la ragione per la quale i rabbini esoneravano i sacerdoti si applica anche ai miei discepoli: anche essi sono alla presenza del Tempio—in realtà, in qualcosa anche più grande del Tempio”.

Gesù aveva un grande rispetto per la Legge rabbinica. Egli non dice: “Beh, essi stanno solamente violando una legge rabbinica, non è niente di grave!”  No, al contrario, egli è profondamente preoccupato di giustificare la condotta dei suoi discepoli nell'ambito della cornice della Legge.

Gesù non insegna che la proibizione del lavoro nel giorno di sabato può essere violata per operare la carità. L'unica cosa (con l'eccezione dell'episodio della raccolta del grano) che egli abbia mai fatto per gli altri e che suscita le accuse di violazione del sabato è la guarigione, e il suo insegnamento sulla guarigione nel giorno di sabato è sostanzialmente lo stesso di quello dei rabbini, osservato fino ad oggi: la guarigione è permessa. Le Leggi del sabato obbligano il riposo su imitazione del riposo di Dio. Quel riposo è definito dalle proibizioni bibliche che non sono messe da parte a favore delle opere di carità. Ad eccezione di emergenze di vita o di morte, bisogna astenersi a tutto ciò che potrebbe violare il sabato. Allo stesso tempo, poiché il sabato è un giorno ricreativo, costituisce un'occasione per praticare tutte quelle forme di carità che non richiedano la violazione del sabato. Invero, il sabato stesso è la fonte della carità, in quanto è il giorno della comunione tra Dio e il popolo ebraico, un giorno pieno della grazia divina che muove una persona alla carità. Il sabato è al centro dell'esperienza ebraica di Dio, e in questo ambito può essere paragonato all'Eucaristia del Cattolicesimo.

La Visione di Petro degli Animali

Atti 10

[9] …Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare.
[10] Gli venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi.
[11] Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi.
[12] In essa c'era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo.
[13] Allora risuonò una voce che gli diceva: "Alzati, Pietro, uccidi e mangia!"
[14] Ma Pietro rispose: "No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo".
[15] E la voce di nuovo a lui: "Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano".
[16] Questo accadde per tre volte; poi d'un tratto quell'oggetto fu risollevato al cielo.
[17] Mentre Pietro si domandava perplesso tra sé e sé che cosa significasse ciò che aveva visto, gli uomini inviati da Cornelio, dopo aver domandato della casa di Simone, si fermarono all'ingresso.
[18] Chiamarono e chiesero se Simone, detto anche Pietro, alloggiava colà.
[19] Pietro stava ancora ripensando alla visione, quando lo Spirito gli disse: "Ecco, tre uonini ti cercano;
[20] alzati, scendi e va' con loro senza esitazione, perché io li ho mandati".
[21] Pietro scese incontro agli uomini e disse: "Eccomi, sono io quello che cercate. Qual è il motivo per cui siete venuti?"
[22] Risposero: "Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio, stimato da tutto il popolo dei Giudei, è stato avvertito da un angelo santo di invitarti nella sua casa, per ascoltare ciò che hai da dirgli".
[25] Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio andandogli incontro si gettò ai suoi piedi per adorarlo.
[26] Ma Pietro lo rialzò, dicendo: "alzati: anch'io sono un uomo!"
[27] Poi, continuando a conversare con lui, entrò e trovate riunite molte persone disse loro:
[28] "Voi sapete che non è lecito per un Giudeo unirsi o incontrarsi con persone di altra razza; ma Dio mi ha mostrato che non si deve dire profano o immondo nessun uomo.

La visione di Pietro è stata interpretata come messaggio da Gesù che è permesso mangiare la carne proibita dalla Torah. Il problema è che qui, proprio come nella nostra discussioe di Marco 7, Pietro non ha mai comunicato questo messaggio agli altri apostoli, e, molto probabilmente, per una buona ragione: egli stesso, non lo interpreta come il permesso di mangiare cibi proibiti, ma come il permesso di un contatto proibito tra persone:  [28] ed egli disse loro: "Voi sapete che non è lecito per un Giudeo unirsi o incontrarsi con persone di altra razza; ma Dio mi ha mostrato che non si deve dire profano o immondo nessun uomo".

In ogni caso, la visione è ambigua. Se Gesù avesse voluto insegnargli che i cibi proibiti erano permessi, la visione avrebbe dovuto presentargli solamente gli animali che non si potevano mangiare. Ma dal momento che essi includevano tutti i tipi di animali, ciò gli dava la possibilità di uccidere e mangiare gli animali kosher tra loro. È impensabile che delle proibizioni bibliche, che si trovano proprio al centro della vita religiosa, potessero essere abolite da un messaggio ambiguo in un sogno fatto in stato di veglia. E se Pietro avesse presentato il suo sogno come un messaggio di Gesù che annullava le leggi della kashrut alla comunità di Gerusalemme, essi lo avrebbero rigettato e per una buona ragione, per la stessa ragione, infatti, secondo la quale la Chiesa rigetta una rivelazione: essa contraddiceva la parola di Dio nella Bibbia. La questione del mangiare o no le carni proibite rimase a lungo reale per i cristiani. Vi è persino un passaggio nel Didache che incoraggia l'astinenza da carni immonde: “E riguardo al cibo, cerca di sopportare tutto quello che puoi, ma comunque astieniti nel modo più assoluto dalle carni immolate dagli idoli, perché il mangiarne è culto di divinità di morte”. [Didache 6:3, ca. 50-120 d.C.)


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